Situata lungo la costa sud-orientale dell’isola d’Ischia, dopo la baia di Cartaromana e immediatamente prima di Punta San Pancrazio, c’è una bellissima grotta che, per fascino e storia, può tranquillamente competere con la più famosa Grotta Azzurra di Capri.
Nei secoli questo anfratto ha assunto varie denominazioni: "Grotta di Terra", "Tisichiello", "Grotta d’Argento", "Grotta del Sole", "Grotta di Bordo", fino a quella di uso più comune che è "Grotta del Mago". Secondo Don Onofrio Buonocore (1870 - 1960), fondatore della Biblioteca Antoniana di Ischia e del Centro Studi sull'isola d'Ischia, il nome deriverebbe da una leggenda dei pescatori di Ischia, persuasi della presenza nella spelonca di un gigantesco vecchio con chioma fluente e barba bianca. Un Mago appunto, con il compito di offrire riparo in caso di pioggia improvvisa e soprattutto di assicurare l'abbondanza delle battute di pesca.
Negli anni ‘30 la Grotta del Mago è stata al centro di una "querelle" tra due gruppi di studiosi: da un lato, i professori Giuseppe Platania, Mario Puglisi e Nicola Ciannelli (ingegenere napoletano cui si deve la prima costruzione delle Terme di Regina Isabella e delle poco distanti Terme di San Lorenzo); dall’altro, il grande archeologo Giorgio Buchner e il vulcanologo tedesco Immanuel Friedlander, autore di importanti studi sulla Solfatatra di Pozzuoli.
La tesi dei primi era che la forma e le caratteristiche della grotta rimandavano a un preesistente tempio, dove molto probabilmente venivano celebrati culti magico-religiosi, più precisamente culti solari. Buchner e Friedlander sostenevano, invece, che la conformazione geologica delle rocce, per lo più trachiti, congiuntamente agli effetti dell’erosione marina avessero conferito naturalmente la forma di caverna all’ambiente, non rinvenendo altresì tracce di scappellatura o altra attività umana lungo le pareti (a patto di non interpretare erroneamente come frutto di quelle, le cavità proprie di questo tipo di roccia). Naturalmente, l’indispensabile corollario alla tesi dei primi era che la grotta sorgesse ab origine (nel neolitico) a centinaia di metri dalla battigia e che solo il fenomeno del bradisismo, comune a tutto l’arcipelago flegreo, avesse causato nei secoli la progressiva ingressione del mare.
Fatto sta che la disputa ebbe anche risalto giornalistico e accademico, con pubblicazioni scientifiche a sostegno delle due tesi in campo e suggerì, nello stesso tempo, al proprietario del terreno sovrastante l’area di sfruttare turisticamente l’accresciuta notorietà dell’antro. Sul verticale dell’insenatura sorse così un ristorante-terrazza all’aperto che però chiuse i battenti appena pochi anni dopo l’inaugurazione e, complice la seconda guerra mondiale, non fu più riaperto. Anche per questo la zona ha conservato quel fascino naturale e mitico che più gli confà e che ancora oggi si può ammirare, esclusivamente via mare.
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