L’isola d’Ischia vanta una secolare tradizione carnevalesca, in primis con le pietanze tipiche del "martedì grasso" come le chiacchiere e la lasagna di Carnevale.
Del resto, non c’è niente meglio del cibo e della buona tavola per sospendere il carico di preoccupazioni e incombenze che la vita inevitabilmente riserva a tutti, e perciò un’ottima ragione per trascorrere il Carnevale a Ischia - oltre naturalmente alle cure termali -, è proprio la possibilità di assaggiare queste e altre prelibatezze della cucina partenopea.
Ma c’è dell’altro e ha a che fare con la genesi di una festa che a Forio - il più grande dei sei comuni dell’isola d’Ischia -, affonda le sue radici addirittura nel XVI secolo quando, secondo testimonianze rinvenute nell’archivio dell’Arciconfraternita di Visitapoveri, si svolgevano manifestazioni e feste assai licenziose, al punto che si rese necessario un intervento attivo delle istituzioni religiose per ricondurre il rito del Carnevale al rispetto dei precetti della Quaresima.
Impresa riuscita fino a un certo punto poichè il Carnevale, ovunque venga festeggiato, non ha mai smarrito la sua impronta pagana, con il suo messaggio di riscatto e sovvertimento dell’ordine costituito.
Fu così che subito dopo la Prima Guerra Mondiale nacque il Carnevale di Monterone, popoloso quartiere di Forio abitato in prevalenza da braccianti agricoli occupati a giornata nelle tenute di pochi proprietari terrieri. D’altronde, il desiderio di spezzare almeno per un giorno la monotonia della vita di provincia con balli, canti e gare di abilità non poteva che provenire dagli strati popolari, schiacciati dal peso di un’esistenza difficile in una piccola isola del Mediterraneo, ancora di più dopo le ristrettezze e i lutti della guerra.
Il momento clou era la processione dell’enorme pupazzo di cartapesta raffigurante il Principe Carnevale preceduto da un corteo di figuranti "armati" di tamburi, trombe, piatti e "triccheballacche". Raggiunta la Piazza di Monterone veniva celebrato il processo a Carnevale, allegoria evidente dell’autorità politica ed economica cui destinare tutto il dileggio e il rancore di cui era capace il popolo, indubbiamente "aiutato" da cibo e vino a volontà. Il processo terminava immancabilmente con il rogo del gigante tra grida, canti e la promessa, che dura però giusto il tempo della festa, del sovvertimento dello status quo.
Questa festa popolare è andata avanti grosso modo fino al 1982, affiancata, nei primi anni ‘50, da un altro Carnevale, quello più alternativo organizzato dagli artisti che animavano il cenacolo culturale del Bar Maria: Auden, Pagliacci, Carlyle Brown, Lorenzo Cremonini e tanti altri. Ricordi di Ischia che ancora alimentano l’immaginario turistico di un’isola e di una stagione culturale, quella del secondo dopoguerra, fugace ma assai intensa.
Nel frattempo il filo col più tradizionale "Carnevale di Monterone" non si è mai spezzato, anzi, proprio nei primi anni ‘80 la Festa è stata in qualche modo istituzionalizzata, entrando a far parte del calendario annuale degli eventi sull’isola. Certo non siamo a Viareggio o a Salsomaggiore, per fare il paragone con un’altra località turistica che vive dei prodigi del suo termalismo, però l’idea del Carnevale a Ischia può essere la "scusa" per godere degli scenari e le atmosfere di un'isola recentemente inserita dal magazine di viaggi "CN Traveler" tra le dieci isole più belle d’Europa
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