C’è una frase di Renato Guttuso che apre il bel libro Artisti dell’isola d’Ischia (a cura di Massimo Ielasi, Società Editrice Napoletana, 1982) quanto mai illuminante:
"Quando [...] saranno abbattuti tutti i pregiudizi [...] troveremo che ai Camaldoli o a Ischia... c’era qualcuno che faceva pittura, per il suo privato piacere di esercitare l’esercizio della conoscenza, dell’amore delle cose umane e degli uomini".
Indubbiamente le parole del grande Guttuso sono servite - in parte - a riscattare dall’oblio i molti pittori ischitani del ‘900, a proposito dei quali più d’uno ha teorizzato l’esistenza di una vera e propria scuola isolana, ma anche oggi che "lo spirito dei tempi" è molto diverso, conservano la loro attualità, soprattutto per la capacità di cogliere la dimensione intima del gesto artistico.
Ora, senza grandi sforzi, bisogna immaginarsi l’artista Manuel Di Chiara chiuso nel suo studio a produrre "con una velocità impressionante" (cit.) tele, oggetti o mobili di arredamento (il design di interni è l’altra grande passione di quest’artista), trasformando in vantaggio, in risorsa artistica, la lontananza dalle tante occasioni di mondanità (tipo farsi vedere in giro per inaugurazioni e location espositive) che già una città come Napoli offre in abbondanza rispetto ad una realtà come Ischia.
Una precisa scelta esistenziale dunque, che però non si alimenta di nessun argomento polemico o malinconico, anzi, e qui sta l’aspetto su cui riflettere, Ischia, la sua luce, i suoi scorci, nell’arte di Manuel di Chiara non c’è!
C’è invece, per ammissione dello stesso artista, quell’attitudine, frequente in chi viene dalla provincia a godere di ogni piccolo particolare delle grandi città, la curiosità di scoprire una realtà urbana, metropolitana, passo dopo passo. Per approfondire quest’aspetto è bene rivolgersi velocemente alla biografia dell’uomo, che subito dopo le scuole dell’obbligo decide di iscriversi al Liceo Artistico SS. Apostoli di Napoli completando poi gli studi all'Accademia delle Belle Arti di Via Bellini. Quattordicenne, inizia a fare il pendolare Sant’Angelo-Napoli, anche qui trasformando il sacrificio di sveglie all’alba e di traversate complicate in altrettante opportunità per scoprire quotidianamente la realtà "underground" della città partenopea.
Di qui l’interesse all'ambiente urbano, e la predilezione per soggetti architettonici o oggetti di uso e consumo metropolitano come macchine, lampioni, semafori, gru, cargo, con una chiara influenza, rinvenibile nella tecnica pittorica, del realismo americano e sovietico del ‘900.
In definitiva, se guardiamo alla tecnica - uso del colore, prospettiva, forza delle linee - Manuel Di Chiara ha tutte le competenze necessarie per il difficile esercizio del paesaggio, anche se la sua arte è per nulla ischitana, tanto nelle intenzioni, quanto nel messaggio, se con tale definizione intendiamo il pregiudizio facile di certa critica che ritiene che da un’isola come Ischia, non possa uscire altro che un vedutismo panoramico facile a vendersi. In questo senso egli, al pari di altri artisti isolani, continua una tradizione pittorica che si incarica di smentire i luoghi comuni generalmente riferibili ad una località turistica ormai matura e conosciuta in tutto il mondo come Ischia, rinnovandone, di converso, fascino e suggestioni nuove, soprattutto, meno convenzionali.
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